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Incontro con Lama Tsering

Giusy

Buddha Ladakh

Ho incontrato Lama Tsering durante il mio secondo viaggio in Ladakh, nel 2009. Il Ladakh è un deserto d’alta quota, politicamente si trova nel nord dell’India ma, per geografia, cultura, popolazione e religione rientra nell’area Tibetana. Fin dalla prima volta in cui ci sono stata mi sono "sentita a casa", e, viaggio dopo viaggio, ho amato sempre di più questo luogo e la sua gente. Con Lama Tsering siamo rimasti in contatto e, ogni volta che è venuto in Europa, ha accolto con piacere l’invito a condividere la sua conoscenza del buddhismo presso il Centro Maitri.

Ringrazio di cuore Giusy, che ha partecipato ad uno di questi incontri e mi ha inviato i suoi appunti, estremamente chiari ed accurati. Buona lettura!

Il termine bodhicitta (sanscrito, "Mente di illuminazione" o "Mente del Risveglio") è proprio del Buddhismo Mahāyāna dove indica l’intenzione del bodhisattva di conseguire l’illuminazione per la salvezza di tutti gli esseri senzienti.

L’incontro-conferenza dello scorso venerdì 16/02/2018, con il monaco buddista Tsering è iniziato con la recitazione da parte sua del “bodhicitta”, una sorta di preghiera cantata che serve a generare pensieri positivi come quello della compassione amorevole, per sviluppare una mente altruista verso gli altri esseri senzienti e che porta ad alleviare la sofferenza.

L’uomo ha la capacità di eliminare la sofferenza ma non sa come, poiché non riconosce i mezzi che ha a disposizione. Uno di questi è la meditazione, che può essere distinta in analitica, pratica, logica (o della saggezza). Tutti gli esseri senzienti vogliono raggiungere la felicità, anche se può essere intesa in maniera diversa dal punto di vista degli uomini o degli animali. Per quanto concerne l’uomo, si può affermare che la sua sofferenza deriva dalla mente e dall’atteggiamento egocentrico. Bisogna imparare a sostituire “io” con “noi”, poiché fare il bene per gli altri porta felicità.

Il buddismo tende al raggiungimento di sei “perfezioni”: generosità, moralità, tolleranza, energia (o diligenza), meditazione, saggezza.

La generosità è la porta principale della felicità; essere generosi non significa donare esclusivamente beni materiali ma anche tempo, impegno e insegnamenti, La recitazione del bodichitta ne è un esempio.

Per moralità s’intende l’insieme delle attività umane da tendere verso la positività. Ci sono tre mezzi (o porte) su cui agire: il corpo, la mente, la parola. Con il corpo bisogna evitare tutti quei comportamenti che nuocciono al karma (che in sanscrito significa AZIONE), come l’assunzione di cibi e sostanze non idonee, o atteggiamenti scorretti come il rubare, in quanto bisogna procurarsi ciò di cui si ha bisogno per vivere in maniera onesta. Anche la pulizia del corpo è importante; bisogna cibarsi in modo sano e vestirsi adeguatamente. Laparola va spinta verso la buona educazione, evitando parolacce e menzogne. La mente, che è la porta più importante, è colei che guida il corpo. Bisogna prestare molta attenzione alla mente. La si allena attraverso la meditazione, pensando alle emozioni che si generano (compiendo, quindi, una meditazione analitica). In tal modo le emozioni sono riconosciute e, di conseguenza, vengono a galla anche quegli stati d’animo, che portano alla sofferenza mentale. Per dissolverla è utile pensare che più si soffre e più diviene impossibile cambiare. Il passato non c’è più e bisogna considerare il momento presente. Nel futuro è possibile trovare delle soluzioni al problema che affligge.

La sofferenza può essere generata anche da un oggetto a cui l’uomo è particolarmente legato. Il fatto di possederlo provoca felicità, ma allo stesso tempo anche sofferenza, a causa dalla paura di perdere la fonte della propria gioia. Ecco, allora, che seguire “la via di mezzo” (avere né troppo, né troppo poco), può essere un esempio da considerare.

Viene accennato anche il concetto di interdipendenza. L’uomo essendo un animale sociale dipende dagli altri. Pensando che nel mondo ci sono anche altri che soffrono più di noi, può far diminuire la concentrazione egocentrica sui nostri problemi.

La tolleranza è molto importante. Il non perseguire tale “perfezione” può provocare problemi molto rilevanti. Quando una persona è arrabbiata, rischia di compiere azioni che sgretolano quanto di bene è stato fatto in precedenza. Si possono distruggere relazioni con poche parole. Bisogna coltivare la propria mente. Ci sono persone costantemente in conflitto con tutti e tutto. Anziché criticare gli altri, dobbiamo lamentarci con noi stessi, domare il nostro nemico interno, attraverso un’introspezione. A tale proposito Lama Tsering fa l’esempio di indossare scarpe spesse, per poter camminare in un campo di spine.

La diligenza (o energia) è la “perfezione” che ci permette di continuare a controllare le nostre emozioni negative. Serve a generare pensieri positivi.

La meditazione è la “perfezione” intesa come la pratica da compiere.

La saggezza è la “perfezione” in grado di analizzare ciò che è buono è ciò che è cattivo.

Per il buddismo, il fatto stesso di nascere comporta sofferenza (a causa dell’ignoranza, cioè della mancanza di consapevolezza). Bisogna essere consapevoli della realtà. Il buddismo chiama la vita “la preziosa vita umana” e questa è vista come un’opportunità (che tra tutti gli esseri senzienti, solo all’uomo viene concessa), grazie alla consapevolezza (che si raggiunge attraverso la meditazione analitica). E’ importante avere equilibrio tra lo sviluppo spirituale e quello corporale. Ogni tanto serve pensare alla morte. Non bisogna essere troppo attaccati alla vita. Se sviluppiamo il nostro potenziale umano, ci sentiamo felici.

Stabilizzare la mente, sviluppare la concentrazione, serve anche meditare sulla respirazione (che risulta utile sempre, anche per alleviare disturbi fisici).

Viene accennata anche la meditazione sull’“impermanenza”, secondo la quale l’uomo è un fenomeno composto da più fattori ed è destinato alla morte.

Le sei perfezioni si possono racchiudere in due: la meditazione e la saggezza.